Lo scandalo del 2004

Antonio Amorosi, oggi giornalista e scrittore, nel luglio 2004 ha ricevuto l’incarico di assessore alle politiche abitative del Comune di Bologna per l’amministrazione Cofferati.

Nel febbraio 2006, Amorosi rassegnò le sue dimissioni dall’incarico, subito dopo aver denunciato un «sistema illecito nelle assegnazioni delle case popolari del Comune di Bologna, perpetrato nei 20 anni precedenti».

Nel corso di un intervento in commissione di indagine sulla Commissione Consulta Casa, riportato parola per parola in una relazione del 16 febbraio 2005, Amorosi descrisse nel dettaglio l’intera vicenda a partire dal ricevimento dell’incarico di assessore fino alla scoperta del sistema, che prevedeva, secondo la sua denuncia, una gestione indipendente delle assegnazioni per una cospicua parte di alloggi ERP da parte di politici che, invece, non avrebbero dovuto avere alcun ruolo nella gestione di tali situazioni emergenziali, essendo questo compito affidato a organi di natura strettamente tecnico-amministrativa.




Amorosi formalizzò tali accuse alla Procura della Repubblica il 6 febbraio 2006, tuttavia il caso venne archiviato «per infondatezza della notizia di reato», come si legge nel verbale di archiviazione, in quanto, secondo l’Autorità giudiziaria, la condotta denunciata non configurava il reato di abuso d’ufficio previsto dall’art. 323 del codice penale. Tuttavia, lo stesso Giudice per le Indagini Preliminari che ha disposto l’archiviazione del caso non esitava a segnalare l’effettiva sussistenza di illecito amministrativo, sebbene non riconducibile ad una fattispecie di rilevanza penale.

A conferma della illiceità della condotta da parte delle p.a., veniva evidenziato come le decisioni per l’assegnazione degli alloggi ERP «venivano solo succintamente motivate», e che «talune pratiche venivano portate all’esame della commissione da consiglieri comunali, che ne avevano evidentemente ricevuto dirette segnalazioni in precedenza». Segnalazioni che, dopo il mancato rinnovo della commissione da parte di Amorosi, rimasero senza esito. Un’ulteriore procedura piuttosto ambigua era individuata nella «prassi seguita dalla commissione di provvedere autonomamente alla istruttoria di pratiche finalizzate alla assegnazione di un certo numero di alloggi prescindendo da preventive segnalazioni provenienti dai competenti servizi comunali», pur avvalendosi sempre dell’ausilio di funzionari dell’ufficio casa del Comune di Bologna che partecipavano alle varie sedute.

Inoltre, nell’ordinanza di archiviazione si osserva che, effettivamente, «in taluni casi non è chiaro quali siano stati i criteri adottati, e secondo quali modalità siano state istruite le pratiche».

Tuttavia, viene infine dichiarato che per la concreta configurabilità del reato ex art. 323 c.p., «l’accertamento della violazione di leggi o di regolamento nell’assunzione del provvedimento amministrativo, deve necessariamente concorrere con la “ingiustizia” del vantaggio patrimoniale alla cui attribuzione il provvedimento amministrativo è finalizzato».

A prescindere da ogni considerazione in ordine alla configurabilità del reato di abuso di ufficio, è dunque palese l’illegittimità di una condotta che confligge con una buona amministrazione del patrimonio pubblico destinato ai cittadini realmente bisognosi.

Non mancano, infatti, i riscontri a situazioni a dir poco paradossali. Si è registrato fra gli altri il caso di chi, pur non avendo partecipato ad alcun bando ERP e non essendo dunque in possesso di alcuna documentazione per la verifica dei requisiti, ha visto il parere della commissione “favorevole” alla sua assegnazione grazie al fatto che la sua attività artistica «fornisce un contributo importante ai rapporti tra Italia e Lettonia».

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