Alloggi vuoti



Acer Bologna alla fine del 2015 gestiva complessivamente 12.233 alloggi.
Se si considera l’elevata domanda di alloggi di edilizia residenziale pubblica in relazione al disagio abitativo che nella città di Bologna colpisce il 40,3% del totale delle famiglie e dunque circa 20.100 nuclei, viene spontaneo chiedersi come mai siano così numerosi gli alloggi ERP sfitti per manutenzione o disponibili per l’assegnazione ma non ancora locati o ancora sfitti per ragioni non ben definte.

Il Comune di Bologna e Acer Bologna mediamente dispongono di un turnover di circa 500 appartamenti all’anno. Tra questi, una quota è destinata alle nuove assegnazioni, un’altra alla mobilità (si tratta di richieste di cambio alloggio in seguito alla presenza di situazioni personali critiche o particolari) e la restante parte agli interventi di manutenzione.

Ciò che sorprende tuttavia, è come il numero di alloggi sfitti superi la quantità di alloggi destinati alle assegnazioni. Secondo quanto pubblicato dal Comune di Bologna, infatti, nel 2014 (dati più recenti trovati) sono stati segnalati 644 alloggi sfitti dei quali:

  • 128 in manutenzione;
  • 361 a disposizione per assegnazione ma non ancora locati;
  • 155 sfitti per altre ragioni non indicate.

Possibile quindi che all’origine dei numerosi alloggi sfitti si celino ancora una volta processi burocratici lenti e complicati?




L'occupazione delle case popolari

La presenza di un numero così elevato di alloggi ERP vuoti si porta appresso, quale conseguenza fisiologica, la tendenza alla loro occupazione arbitraria da parte di individui o nuclei familiari che, sebbene di certo ne abbiano bisogno, finiscono con l’ostacolare il meccanismo dell’assegnazione tramite graduatoria, già sufficientemente soggetto a incepparsi.

In alcuni quartieri particolarmente colpiti da questo genere di situazioni, le appropriazioni indebite degli alloggi ci sono state descritte come caratterizzate da una rapidità disarmante. Infatti, non appena un alloggio risulta vuoto, magari per decesso dell’inquilino oppure per lo spostamento dell’assegnatario in un altro quartiere, viene occupato pochissimo tempo dopo, a volte ancora prima che l’ente gestore venga informato del fatto che lo spazio è stato liberato o, addirittura, prima che venga svuotato del tutto.




In alcune di queste zone, inoltre, la frequenza delle occupazioni è talmente alta e il controllo da parte delle autorità così esiguo che gli “abitanti legittimi” dei condomini interessati vivono situazioni di costante ansia e timore. Abbiamo deciso quindi di non rendere riconoscibile la persona che ha acconsentito a mostrarci le problematiche con cui ha a che fare nel suo palazzo.




È poi naturale riflettere sul fatto che questi episodi e la loro frequenza il più delle volte derivino non dalla cattiveria di un singolo, ma da condizioni di dilagante disperazione causata dalla mancanza di politiche abitative efficaci. E l’assenza di una via d’uscita spesso conduce ad un punto in cui alcune persone si trovato a pagare un sacco di soldi soltanto per dormire nella cantina di qualche inquilino che ha pensato bene di approfittarsi della situazione.




Le istituzioni calcolano che la cifra delle occupazioni di alloggi popolari attualmente in corso all’interno del Comune di Bologna non è superiore a 30 e sottolineano il loro costante impegno nel ripristinare la legalità nel minor tempo possibile quando si tratta di questi spiacevoli avvenimenti.




Tuttavia, il dato che spaventa di più non è il numero delle occupazioni, quasi sempre sgomberate in poco tempo, bensì quello riguardante le loro dirette conseguenze.

Una dubbia soluzione: murare gli appartamenti


Murare le porte e le finestre degli appartamenti una volta che sono stati liberati e sgomberati, danneggiare i sanitari in modo tale che non possano essere occupati una seconda volta: questa è la soluzione istituzionale alle occupazioni abusive.

Forse la più rapida e sbrigativa. Sicuramente quella meno logica e condivisa.

Infatti, quest’attività non viene praticata soltanto in occasione di sgomberi di occupazioni abusive, ma anche nel momento immediatamente successivo alla liberazione di un alloggio da parte dell’inquilino assegnatario per motivi di decesso, trasloco o altro.

bici

In questo modo, certamente viene logisticamente impedito qualunque tentativo di occupazione abusiva, tuttavia è altrettanto chiaro che quelle che potrebbero diventare le abitazioni di persone bisognose da tempo in attesa in graduatoria, diventano inagibili in attesa dello stanziamento di fondi destinati alla loro riqualificazione, in mancanza della quale per legge non possono essere riassegnati.




Alcuni alloggi però, come quello del signor Pozzi, quando sono stati lasciati si trovavano in ottime condizioni, addirittura appena ristrutturati e, come afferma lo stesso Pozzi, sarebbe stato sufficiente un rapido sopralluogo per verificarne lo stato e consegnare direttamente le chiavi a qualche famiglia che ne avesse bisogno, invece di danneggiarlo e renderlo inabitabile per chissà quanto tempo.

Così, una persona da tempo in attesa di una casa vede la possibilità di entrare in un appartamento in perfette condizioni, libero e pronto per essere abitato, scomparire mattone dopo mattone per mano delle stesse istituzioni che dovrebbero essere in prima linea nel voler ottimizzare l’uso di questi spazi per ridurre il numero di famiglie attualmente in situazione di disagio abitativo.

murati

Parrebbe quindi che la pratica di murare gli appartamenti, quasi sempre comporti un vero e proprio spreco di tempo, spazio e denaro, considerando soprattutto l’elevatissimo numero di porte murate presenti a Bologna.

Perché sì, forse l’ammontare delle occupazioni abusive degli alloggi popolari è molto ridotto, ma il numero delle loro conseguenze è davvero elevato, sebbene le istituzioni parlino di alcune decine.

Soltanto in 3 palazzi diversi, situati in quartieri popolari entro il Comune di Bologna, abbiamo potuto contare più di 30 appartamenti murati. E parliamo di SOLO 3 EDIFICI su più di 12.200 alloggi.



Fate pure voi il calcolo.